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La scienza in celluloide podcast: Marie Curie e la radioattività


Quando l’estate scorsa decisi di produrre questo podcast, dedicato ad esplorare il mondo della scienza attraverso gli occhi del cinema, mi ero imposto -non con un certo sforzo- di prendere in considerazione pellicole più o meno note escludendo da questa lista film biografici, i cosiddetti biopic, le cui trame naturalmente sono incentrate sulla vita di quello o quell’altro scienziato.

Nel corso di questi mesi mi sono però dovuto ricredere e pertanto ho iniziato a valutare in modo più o meno serio anche questo tipo di importante cinematografia.

Ma da dove partire?

Un occhio più o meno attento al calendario, che purtroppo nel mio caso oltre a determinare la sequenza cronologica che scandisce il passare dei giorni, è anche il mio metronomo delle scadenze professionali, piuttosto dense in questo periodo dell’anno, non può certamente sfuggire il fatto che la giornata mondiale della donna è appena passata e l’occasione, anche con qualche giorno di ritardo è ghiotta per dedicare il settimo episodio di questo podcast a una delle figure femminili più illuminate vissuta a cavallo dei due secoli precedenti.

Non ci possono essere dubbi: sto parlando di Marie Sklodowka, per i più meglio conosciuta con il cognome acquisto dal matrimonio, Marie Curie.

La maggior parte di noi conosce a grandi linee chi era e cosa ha rappresentato Marie Curie per la scienza, ma nutro alcuni dubbi sul fatto che molti sappiano davvero il contributo fornito dalla scienziata polacca alla fisica e alla chimica con scoperte che hanno del tutto rivoluzionato queste due aree delle scienza.

Marie Curie come donna di scienza, Marie Curie come figura femminile rivoluzionaria a cui molti -uomini e donne- possono o dovrebbero ispirarsi. Ma perché diventi in qualche modo musa, è necessario conoscerne gli aspetti della vita pubblica e privata -se non tutti almeno i più importanti - che hanno reso famosa questa incredibile donna. Vissuta più di cento anni fa ma con una storia alle spalle impregnata di una modernità sconcertante.

Se la letteratura è riuscita a mettere a fuoco l’opera e la vita della scienziata e della donna, il cinema cosa ha fatto? Il soggetto è davvero considerevole, la potenziale sceneggiatura può attingere a fatti, situazioni, personaggi con l’imbarazzo della scelta. Tutti ingredienti fondamentali per creare un film che possa allo stesso tempo dare il giusto risalto a colei che non solo è risultata essere la prima donna a vincere il Nobel, ma la sola a prenderne due in due scienze diverse, ma che sopratutto possa far riflettere.

Ma prima di addentrarmi negli archivi cinematografici, credo sia giusto dedicare qualche parola che illustri la vita e l’opera di Marie Curie.

Marie nasce il 7 Novembre 1867, a Varsavia, ultima di cinque figlie. Sua madre era una cantante e pianista che morì di tubercolosi quando Marie era ancora piccola, mentre il padre insegnava matematica e fisica. Nonostante la sua decisione fosse fortemente osteggiata, anche Marie decise di studiare fisica e, insieme alla sorella, si trasferisce a Parigi per frequentare la Sorbona, poiché l’università di Varsavia era interdetta alle donne, lavorando come istitutrice per potersi mantenere gli studi.

All’università conosce il futuro marito e “compagno di laboratorio” Pierre che sposa nel 1895. I due novelli sposi, invece delle fedi, si scambiano due biciclette che useranno per il loro viaggio di nozze, un tour dalle coste della Bretagna alle montagne dell’Auvergne.


Nel laboratorio improvvisato di Rue Lohmond, con pochi mezzi e senza collaboratori, i coniugi Curie iniziano a studiare la “radiazione”, il fenomeno da poco scoperto dal fisico Henri Becquerel. Alla capacità di emettere energia che hanno solo alcuni atomi i due scienziati danno un nome: radioattività

Durante i loro esperimenti si trovano davanti a un mistero: alcuni minerali hanno una radioattività più forte di altri. Decidono di concentrarsi su due minerali in particolare, la torbernite e la pechblenda, entrambi ricchi di uranio. I campioni studiati risultano più radioattivi di quanto dovrebbero essere sulla base della quantità di uranio presente. Ipotizzano che oltre l’uranio in questi minerali debba esserci un altro elemento più radioattivo dell’uranio stesso e iniziano un lungo lavoro per tentare di isolarlo.

Ci riescono nel 1898 e lo annunciano in una pubblicazione:

«Crediamo che la sostanza che abbiamo tratto dalla pechblenda contenga un metallo non ancora segnalato, vicino al bismuto. Se l’esistenza di questo metallo verrà confermata noi proponiamo di chiamarlo Polonio». Però qualche cosa non torna: i campioni sono ancora troppo radioattivi, e la sola presenza del polonio e dell’uranio non spiega il fenomeno. C’è soltanto una possibilità: l’esistenza di un altro elemento.

Il 28 marzo del 1902 Marie Curie annota nel suo quaderno la sigla «

RA = 225,93. Peso atomico di Radio

La scoperta del polonio e del radio vale ai Curie e al fisico Henri Becquerel il Nobel per la fisica nel 1903. La fama e la notorietà acquisita non intaccano l’etica dei coniugi Curie che intenzionalmente non depositato il brevetto del processo di isolamento del radio. Così facendo vogliono permettere alla comunità scientifica di effettuare liberamente ricerche nel campo della radioattività.


Purtroppo la favola d’amore e scienza dei coniugi Curie si rompe con la tragica morte di Pierre, investito nel 1906 da un carro.

Marie lo sostituisce nell’insegnamento universitario di fisica generale e diventa la prima donna a occupare una cattedra alla Sorbona.

La scienziata, ormai considerata una vera autorità della fisica in un ambiente scientifico dove le donne erano, e rimarranno ancora per molto tempo, mal tollerate, nel 1909 fonda a Parigi l’Institut du Radium. Più tardi la struttura è diretta dalla figlia Irene che nel 1935 vincerà il Nobel per la chimica con il marito Fedéric Joliot per la scoperta della radioattività artificiale.

E sono 4, i Nobel vinti dalla famiglia Curie: Marie, Pierre, Irene e marito.

Nel 1910 Marie Curie ha una breve relazione con un uomo già sposato e padre di quattro figli, il fisico Paul Langevin. Lo scandalo, amplificato dalla stampa sessuofoba, scatena una forma di odio nei confronti della donna.

Quella che fino a otto anni prima era stata descritta come una madre devota e un’aiutante solerte, era diventata per l’opinione pubblica “la polacca”, “la ladra di mariti”.

Il minuzioso lavoro della studiosa non si ferma: riesce a isolare il polonio e il radio puro e nel 1911 viene insignita del Nobel per la chimica.


“La storia e la scoperta di questa sostanza (radio) ha fornito la prova della mia ipotesi, secondo cui la radioattività è una proprietà atomica della materia e può fornire un metodo di ricerca per nuovi elementi. L’ipotesi ha condotto alle attuali teorie sulla radioattività”


Il primo conflitto bellico mondiale stava però scoppiando in Europa e per Madame Curie, la guerra iniziò nel 1914, quando le truppe germaniche volsero il loro sforzo militare verso Parigi. Lei sapeva che le sue ricerche scientifiche dovevano essere sospese. Così raccolse il suo intero stock di radium, lo mise in un container di piombo e lo trasportò in treno a Bordeaux, e lo lasciò in un deposito di sicurezza presso una banca locale. Ritornò a Parigi, fiduciosa di riprendersi il suo radio dopo che la Francia avrebbe vinto la guerra. Con la materia del lavoro della sua vita nascosta così lontano, aveva bisogno di fare qualche altra cosa. Piuttosto che rimanere con le braccia conserte, Madame Curie decise di unirsi alla battaglia. Ma cosa avrebbe potuto fare una donna di mezz’età? Lei decise di ridirigere le sue competenze scientifiche verso lo sforzo bellico; non facendo armi, ma salvando vite.

I raggi X, un tipo di radiazione elettromagnetica, erano stati scoperti nel 1895 da Wilhelm Roentgen, e subito dopo la loro scoperta, i medici iniziarono ad usare le immagini radiologiche dei pazienti per trovare corpi estranei come i proiettili.

Ma all’inizio della guerra, le macchine radiologiche si trovavano solo negli ospedali cittadini, lontanissimi dai campi di battaglia dove i soldati feriti venivano trattati. La soluzione di Curie fu di inventare la prima ‘auto radiologica’ – un veicolo contenente la macchina radiologica e equipaggiamento per la camera oscura fotografica – che poteva essere guidata fino ai campi di battaglia dove i chirurghi di guerra potevano usare i raggi X per i loro interventi.

Insieme alla figlia Irène si reca sul fronte di battaglia della Marna per insegnare personalmente ai medici e agli infermieri come usare i nuovi strumenti che permettono di individuare le pallottole nei corpi dei soldati feriti. In questo periodo ben 150 donne furono addestrate dalle Curie come radiologhe sul campo.

Il suo lavoro e la continua esposizione con sostanze decisamente poco salubri come la storia e la scienza ci insegneranno alcuni anni dopo scatenarono nella scienziata un’anemia perniciosa che portarono presto Marie Sklodowka Curie a morire il 4 luglio 1934. Fu sepolta nel cimitero di Parigi accanto all’amato marito Pierre ma più recentemente, nel 1995, le spoglie dei coniugi Curie sono state trasferite al Pantheon di Parigi.

La storia personale di Madame Curie è qualcosa di davvero eccezionale.

Il contributo dato da Marie Curie al progresso scientifico e alla diffusione di una nuova immagine della donna nella società moderna, hanno trasformato la sua figura in una vera e propria icona del nostro tempo.



Cinematografia:

Madame Curie è un film del 1943 diretto da Mervyn LeRoy.

Marie Curie: The Courage of Knowledge (Marie Curie) è un film del 2016 diretto da Marie Noëlle

Radioactive è un film del 2019 diretto da Marjane Satrapi.


Bibliografia:

The life and legacy of Marie Curie. Sara Rockwell, 2003

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2582731/

(articolo scaricabile)





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