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Podcast episodio 9: Contatti dal progetto SETI


Ci sono almeno due domande che ognuno di noi, ad un certo punto della sua vita, si è posto. La prima, di natura filosofica chiede il senso dell’esistenza, questione che emerge sopratutto tutte le volte che cadiamo in un profondo sconforto ma che per la quale ci rendiamo conto che le risposte possono includere molteplici soluzioni che in quel momento ci possono essere più o meno comode.


La seconda domanda nasce quasi sempre in un particolare contesto come ad esempio le notti senza luna in cui con il naso rivolto all’insù ammiriamo la bellezza del cosmo. Meglio se in compagnia.

Dopo esser stati ammagliati dall’infinito stellato -sì, intendo quello sopra di noi-, ci chiediamo: ‘Ma è mai possibile che in uno spazio così sconfinato gli unici pirla dotati di una qualche forma di intelligenza siano presenti solo in questo buco dello spazio che è il pianeta terra?’. Ovviamente la logica ci spinge a rispondere negativamente, ovvero, come sostiene il fisico Stephen Hwking è impossibile che da qualche parte non si sia sviluppata una qualche forma di vita ma, lo stesso pragmatismo illuminato di una gran parte degli scienziati è anche pronta ad affondare la speranza di un incontro ravvicinato del terzo tipo, decretando l’improbabilità di poter stabilire un contatto, proprio a causa della vastità dell’universo con distanze, tra stella e stella talmente siderali da risultare, anche ipotizzando una civiltà che usasse l’iperspazio per muoversi, una scampagnata dalle nostra parti quanto mai altamente improbabile.


Ma poiché la parola impossibile nella scienza è bandita come la peste, qualcuno con le nostre stesse domande ha in qualche modo o meglio sta ancora cercando di dare delle risposte in un certo modo plausibili, e lo fa attraverso alcune ipotesi di natura teorica e attraverso delle vere e proprie misurazioni scientifiche.


In questo podcast, essendo come ormai sapete legato al cinema, non parleremo di extraterrestri, di ufo, di incontri ravvicinati con E.T. e loro diretti discendenti, sebbene l’industria della celluloide sia davvero ricca di tantissime pellicole che trattano l’argomento, suscitando nello spettatore diversi sentimenti, a volte in contrasto tra loro: amore, come nel caso di ET di Spielberg, divertimento nel Mars Attack di Tim Burton, curiosità nel capolavoro Incontri Ravvicinati, o paura come rappresentati nel film Independence Day di Roland Emmerich o la Guerra dei Mondi ancora di Spielberg, che credo abbia un conto aperto con qualche civiltà extra-galattica, fino al puro terrore nel film Nope di Jordan Peele

Per quanti siano gli spunti che queste pellicole ci possono fornire, noi invece sposteremo la discussione su una questione diversa: parleremo di contatti più che incontri e vi assicuro che la differenza non è una questione meramente dialettica o semantica.

Sebbene l’etimologia della parola contatto derivi dal latino e significhi ‘toccare’, essa può essere intesa come la Vicinanza tra persone diretta o mediata da un mezzo di comunicazione.


Quindi, considereremo il possibile contatto tra uomini e ipotetiche civiltà extraterrestri attraverso i mezzi messi a disposizione della scienza, come ad esempio le onde radio, assumendo che chiunque o qualunque cosa aldilà del nostro sistema solare abbia in qualche modo raggiunto un livello di conoscenze e tecnologie simili al nostro, se non superiori, e quindi in grado di ascoltare o rispondere.


Ecco, nonostante i più torceranno il naso, il tema oltre a essere indubbiamente affascinante si poggia su due gambe. La prima ha precise basi scientifiche che in questi ultimi decenni hanno scatenato delle vere e proprie diatribe nella comunità scientifica, mentre l’altra ha una natura per così dire più speculativa. Ma l’una non potrebbe esistere senza l’altra.


Visto che tratteremo di contatti, il film presentato in questo episodio non può che essere ‘Contact’, la pellicola -al dire il vero non troppo fortunata- di Robert Zemeckis con Joidie Foster e tratto dal best seller omonimo di Carl Sagan, uno dei più famosi astronomi, divulgatori scientifici dello scorso secolo e morto nel 1996.


Il libro di Sagan, che nella sua carriera accademica ha pubblicato più di seicento articoli, è autore di oltre venti libri, e uno dei fondatori del progetto SETI, acronimo di Search for Extra-terrestral intelligence di cui proprio il libro Contact ne è ispirato.


SETI, è un vero è proprio programma scientifico che nel corso di molti anni ha coinvolto centinaia tra astronomi, radio-astronomi, esobiologici, fisici, filosofi e teologi.


Il progetto nasce ufficialmente il 1° Febbraio 1985. Punto di arrivo di varie ricerche e studi volti a cercare la vita nell’universo. Tra i vari scienziati fondatori oltre al già citato Sagan, c’è un certo Frank Drake un astronomi americano.

La nostra storia comincia oltre vent’anni prima: nel 1960, quando Frank Drake inizia la sua ricerca di segnali radio provenienti da ipotetiche civiltà extraterrestri presso il National Radio Astronomy Observatory di Green Bank. Sono gli anni in cui per la prima volta la comunità scientifica comprende che c'è bisogno di un confronto e di accendere un vero dibattito scientifico su questo tema. Nel 1961, l'Accademia Nazionale delle Scienze statunitense invita Drake a un incontro per discutere di questo tema assieme ad altre figure scientifiche di rilievo: non solo fisici ma anche biologi, industriali, studiosi di scienze sociali. Durante la preparazione di tale incontro nasce la formula più famosa dell'astrobiologia, l'equazione di Drake. A tal proposito Drake scrisse:

«Pianificando l'incontro, mi resi conto con qualche giorno d'anticipo che avevamo bisogno di un programma. E così mi scrissi tutte le cose che avevamo bisogno di sapere per capire quanto difficile si sarebbe rivelato entrare in contatto con delle forme di vita extraterrestri. E guardando quell'elenco diventò piuttosto evidente che moltiplicando tutti quei fattori si otteneva un numero, N, che è il numero di civiltà rilevabili nella nostra galassia».

Tale incontro fu un vero e proprio spartiacque per la ricerca di intelligenze extraterrestri, che finalmente acquisiva un minimo di dignità scientifica. Il SETI Institute, fondato ufficialmente solo nel 1974 da molti scienziati- tra cui ovviamente figura anche Drake, che per primo lo aveva proposto nel 1960, nasceva ideologicamente qui.

L'equazione di Drake è composta da molti fattori moltiplicati tra loro che ci restituisce quindi il valore N, il numero di civiltà extraterrestri rilevabili attive in questo momento nella galassia, riferendoci solo alla via Lattea che con una dimensione di circa centomila anni luce ospita qualcosa cosa 400 miliardi di stelle, e il Sole è uno di questi.


Ricordiamo che le distanze astronomiche sono espresse in anni luce, che rappresenta lo spazio percorso dalla luce alla velocità di poco meno di trecentomila km al secondo. E visto che in un anno ci sono oltre 31 milioni di secondi, la luce in un anno compie quasi 10 mila miliardi di chilometri.


Si deve però subito chiarire il fatto che una parte dei fattori all'interno dell'equazione di Drake sono parametri astrofisici, che quindi conosciamo con sempre maggiore precisione e sono sempre più affidabili, mentre l'altra parte, è composta da parametri fortemente speculativi, cioè di cui non abbiamo veri dati, vere osservazioni.

Il risultato N va quindi inteso esattamente per come lo ha pensato Drake: serve a favorire un dialogo il più scientifico possibile, seppur con grossi limiti. Va aggiunto a questo il fatto che, negli anni, grazie al costante dibattito e alle critiche costruttive, l'equazione è leggermente cambiata


L'equazione scritta da Drake è data dalla moltiplicazioni di alcuni fattori, per la precisione 7 tra cui 3 di essi sono parametri fisici


N = R* x fp x ne x fl x fi x fc x L, laddove: • R* rappresenta il numero medio di nuove stelle che si formano ogni anno nella nostra galassia. Drake scelse il valore di 10. Le stime odierne danno un valore leggermente diverso, ovvero di circa 1,5. Al giorno d'oggi però, la conoscenza approfondita della Via Lattea ci permette di non usare R* ma direttamente una stima del numero di stelle presenti, che ai tempi di Drake era un numero molto difficile da calcolare

• fp rappresenta la frazione di queste nuove stelle* a possedere pianeti. Drake scelse di essere estremamente ottimista e, sebbene la comunità scientifica non avesse ancora osservato nessun pianeta attorno a nessuna altra stella che non fosse il Sole, scelse comunque di dare un valore di 0,5, equivalente alla metà delle stelle nella galassia.

Stime più moderne suggeriscono che si aggiri invece intorno a 0,4


• ne rappresenta il numero di questi pianeti che possiedono condizioni compatibili con la vita. Si dovranno cioè eliminare i pianeti gassosi, quelli troppo vicini alla stella e quelli troppo lontani. In particolare ci interessano i pianeti che appartengono "zona abitabile", che è una fascia attorno alla stella dove può essere presente acqua liquida. Drake scelse un altro valore molto ottimistico: 2. Ogni stella che possiede un sistema planetario avrebbe 2 pianeti capaci di supportare la vita. La stima di Drake si basava sul fatto che il Sistema Solare ha un pianeta al centro della sua fascia abitabile ,la Terra, e due pianeti che sono di pochissimo al di fuori come Marte e Venere.. Le stime più recenti parlano di circa 6 miliardi di pianeti simili alla Terra presenti nella zona abitabile della loro stella, questo solo nella nostra galassia.


La seconda parte di questa equazione considera alcuni parametri i cui valori risultano difficili da valutare e pertanto altrettanto complicati da far accettare alla comunità scientifica Parliamo ad esempio del parametro fl che rappresenta la frazione di pianeti nella zona abitabile che effettivamente sviluppano la vita. Qui nasce il domandone da un milione di dollari: siamo un caso unico, oppure la vita nasce ovunque ci siano le condizioni? Il problema fondamentale nel rispondere a questa domanda è che ancora non sappiamo come sia nata la vita sulla Terra. Drake, scelse di dare a fl il valore di 1: ovunque ci sono le condizioni per la vita, questa si forma. Sebbene non ci sia ancora accordo, la maggioranza della comunità scientifica è per ora incline a preferire questa ipotesi


Un altro parametro è dato da fi ovvero la frazione di esseri viventi che sviluppa l'intelligenza. Se guardiamo il pianeta Terra e consideriamo come intelligenza solo quella che prevede emozioni complesse e la capacità di auto-indagare la propria intelligenza, siamo l'unica specie tra tutte quelle esistenti ad averla sviluppata. Drake scelse come valore 0,01. Oggi, Pascal Lee del SETI Institute suggerisce che la frazione potrebbe essere molto più bassa. Ma qui siamo nell’area delle speculazioni e ancora di più nel definire la frazioni di civiltà intelligenti che decidono di comunicare.


L rappresenta invece la durata media di una civiltà. Drake scelse 10.000 come valore di , mentre, in un articolo dell'università di Nottingham del 2020, si stima L pari a 200.


Insomma, in questa seconda parte del calcolo la speculazione regna davvero sovrana ma, con tutti i limiti del caso ha permesso a Drake di proporre un numero. Egli stabilì che nella via Lattea il numero di civiltà extraterrestri intelligenti e in grado di comunicare fosse 10, un numero bassino, mentre calcoli più recenti definiscono un intervallo che va da 8 a 60.000.

Ma se il numero fosse davvero così elevato, perché non troviamo alcuna traccia come afferma il paradosso di Fermi quando si parla di vita extraterrestre, che si può riassumere facilmente in questa frase: "Se ci sono perché non si fanno vedere? O perché non li vediamo?

In verità c'è un problema fondamentale che ci rende questa ricerca quasi impossibile: le distanze inimmaginabili dell'universo. La stella in assoluto più vicina al Sole, Proxima Centauri, risiede a soli 4 anni luce da noi. Un eventuale segnale partito da là impiegherebbe ben 4 anni per raggiungerci. Ma consideriamo vicine anche stelle di 100, 1000 anni luce. D'altra parte la Via Lattea ha un diametro di circa 100.000 anni luce. Non basta avere nelle nostre prossimità una civiltà attiva, ma è necessario anche aspettare il tempo perché eventuali segnali ci raggiungano. Certo oggi potremmo vedere segnali partiti migliaia di anni fa da qualche pianeta chissà dove. Pianeta che però, guardandoci, non avrebbe visto assolutamente nulla. Eppure eravamo qua.


Il progetto sperimentale SETI ha cercato quindi di buttare letteralmente il cuore oltre l’ostacolo, coinvolgendo decine di centri di osservazione sparsi in tutto il mondo, il più importante dei quali è stato rappresentato dal grande radiotelescopio di Arecibo in Porto Rico, una vera e propria conca di metallo avente un diametro di oltre 300 metri.


Fu proprio da quest’antenna che nel 1974 fu fatto un tentativo simbolico di inviare un messaggio verso altri mondi, un messaggio in codice di 1 679 bit trasmesso verso l'ammasso globulare M13, distante da noi circa 25 000 anni luce.

La sequenza di 0 e 1 che costituiva il messaggio era una matrice 2 che conteneva alcuni dati sulla nostra posizione nel sistema solare, la figura stilizzata di un essere umano, formule chimiche ed il contorno del radiotelescopio stesso.


Nel film Contact, la protagonista è Ellie Arroway, una sveglia astronoma che fin da bambina, sollecitata dal padre in seguito morto per un attacco di cuore, si era appassionata di onde radio.

Il suo futuro era quello di diventare una radio-astronoma, una ricercatrice delle stelle che invece di puntare l’occhio su un telescopio, indossa un paio di cuffie e ascolta i suoni dell’universo captati dalle grandi antenne come ad esempio quella di Arecibo, che per la cronaca rappresentano uno dei metodi di indagine più importanti nella ricerca astronomica

Ma Ellie ha sempre una frase in testa. Suo padre amava ripeterle che l’universo è uno spazio infinito. Sarebbe sprecato se ci fossimo solo noi ad abitarlo. E questo divenne anche il motore delle sue scelte accademiche e riuscendo in modo caparbio e attraverso un generoso e misterioso sponsor, ad ottenere il permesso di usare in modo quasi esclusivo il grande radiotelescopio chiamato Very Large Array, che si trova in New Messico ed è costituito da 27 antenne in grado di amplificare come nessun altro sistema i debolissimi segnali radio provenienti dalla nostra e da altre galassie.

In realtà il film non cita il progetto SETI ma è naturale che si riferisce proprio a quello.

La ricerca della dottoressa Arroway e del suo team sembra naufragare, quando accade qualcosa di magico. La maestria di Zemeckis fa capolino in questa sequenza.

Immaginate Ellie, interpretata da Jodie Foster, che distesa sul cofano della sua decappottabile, ascolta in suoni derivati dall’antenna alle sue spalle. Suoni, rumori, ma che per lei sono musica. Ad un certo punto, tra il rumore di fondo, alcuni suoni ripetuti sono facilmente avvertibili. Uno, due tre, cinque, sette, in una sequenza che appare evidente essere costituta da numeri primi.

Ad Ellie gli viene quasi un colpo. Non può essere un segnale artificiale, come quello ad esempio -e qui siamo nel reale- avvertito dal radiotelescopio Big Ear nell’Ohio e subito denominato WOW e della durata di 72 secondi.


Invece il segnale registrato da Ellie e co non solo era costituto da una chiara sequenza numerica, ma si ripeteva ancora e ancora.

Era quello che stavano cercando. Ma c’era di più. Il segnale al suo interno presentava qualcosa di molto più complesso di un numero primo: erano dati, migliaia di dati che una volta compresi, rappresentavano una specie di capitolato tecnico di progettazione di una grande macchina.

Qualcuno li fuori, e più precisamente da Vega - sì la stessa di Goldrake per coloro che ricordano il cartone animato - sta dicendo ai terrestri che non solo sono in grado captare il segnare radio terrestre ma gli stanno istruendo per costruire una macchina per avvicinare le due civiltà.

Ovviamente la cosa diventa un tema di sicurezza nazionale, e come non sarebbe potuto avvenire, e il progetto viene militarizzato.

Ma questa rappresenta davvero la scoperta più grande dell’umanità e quindi le grandi potenze mondiali, in testa l’America, rompe il salvadanaio e trova i fondi non solo per costruire una macchina mastrododontica, ma di fabbricarne anche una seconda, caso mai la prima non avesse funzionato.

E in effetti, un’estromessa Ellie assiste sgomenta alla distruzione della prima grande macchina ad opera di un gruppo pseudo-religioso che non vede di buon occhio lo sforzo dell’umanità di contattare gli alieni.

Tutto è perduto? Certo che no. Zio Sam in collaborazione con i cinesi, mette Ellie sulla capsula di lancio della seconda macchina tenuta nascosta e si accendono i motori.

Agli spettatori non sembra accadere nulla. La capsula vola per un centinaio di metri tra due grandi anelli che ruotano vorticosamente prima di essere raccolta da una rete di protezione.

Tutta ‘sta storia per questo si chiedono i più, ma per la dottoressa Arroway il viaggio è durato molto di più che un salto di pochi istanti.

La macchina è stata in grado di trasportarla in un un’altra dimensione e forse in un altro luogo in cui la civiltà extraterrestre, attraverso le sembianze del padre, ha spiegato come quel primo contatto rispetta un rituale identico a quello avvenuto con altre civiltà a dimostrazione che l’universo è molto più abitato di quello che appare.

Di quel viaggio rivelatore però non esiste traccia, la registrazione audio e video e vuota e le parole della dottoressa Arroway non trovano dimostrazione. Qui forse per la prima volta in un film viene citato il rasoio di Occam, espediente usatissimo in molte sceneggiature recenti. In definita il rasoio di Occam sostiene che è sempre meglio scegliere tra più soluzioni egualmente valide di un problema quella più semplice.

E nel caso dell’esperienza di Ellie, la soluzione più ovvia e che non sia successo nulla. Soldi buttati. Tempo perso.

Ma nelle stanze del potere qualcuno sa.. Il primo contatto forse è davvero avvenuto. Ma la cosa resta e rimarrà sempre top secret. Nel nome della Sicurezza nazionale of course.

Nel commentare il film sono andato davvero veloce, forse fin troppo. Anche se nella sua essenza la storia è questa, la pellicola del 1997 racchiude in se molte sfaccettature che inesorabilmente sostengono l’anima dell’opera di Zemeckis, che per la cronaca è lo stesso di Forrest Gump, la serie di Ritorno al futuro, e tanti altri.

Il rapporto tra Ellie e il padre, la sua sete di curiosità, il suo amore per la scienza che contempla il fatto di andare contro-corrente quando necessario, la sua ostinazione nel cercare la verità, il suo amore per il co-protagonista del film Joss Palmer, interpretato da un giovane Metthew McConaughhey. Insomma un gran bel film a mio avviso e sebbene un po’ datato sempre meritevole di essere visto.


Nel film il contatto c’è stato, anche se a unico appannaggio della protagonista, ma nella realtà il progetto SETI che tipo di risultati ha ottenuto e sopratutto la ricerca è ancora in corso.


Pochi o nulli e sì, sono le rispettive risposte. Le nuove conoscenze in campo astronomico hanno consentito di individuare stelle dotate di pianeti e alcuni dei quali a distanze dall’altro compatibili con quelle che hanno generato la vita sulla terra; queste scoperte hanno permesso di stringere un po’ - ma solo un po’ - il campo di ‘ascolto’ puntando non solo le antenne ma anche altri strumenti sensibili ad altre zone dello spettro elettromagnetico, proprio nelle porzioni di cosmo in cui un possibile segnale sia più probabile.

Nel corso dello IAC tenutosi a Parigi lo scorso anno, uno tra i più importanti Congressi di Astronomia, c’è stato spazio anche per parlare del programma SETI ed in particolare di un nuovo progetto che si chiama Breakthrough Listen che coinvolgerà moltissimi istituti di ricerca, inclusi anche italiani.

L’obiettivo è quello di monitorare, già a partire dal 2023, oltre un milione di stesse vicine utilizzando i più moderni apparati di ascolto e visione attualmente presenti.

E chissà che un giorno di questi, possiamo leggere ancora una volta che un messaggio WOW ci è stato recapitato da qualcuno o qualcosa che forse a qualche milione di anni luce si è posto le nostre stesse domande.

Per qualcuno è certamente un bel modo di buttare via il denaro pubblico, per altri, e mi ci metto anche io, è l’unico modo che l’uomo dispone per rispondere a quella sete di curiosità e sapere che distingue la nostra civiltà.


Infine sulla natura e le intenzioni di eventuali extraterrestri, lo scienziato Stephen Hawking sostiene che “matematicamente” gli alieni esistono ma è meglio evitarli perché sono mostri terribili affamati di esseri umani.


W il cinema e W la scienza



Approfondimenti

J. Wright et al Geopolitical Implications of a Successful SETI Program. Space Policy

Volume 63, February 2023


On the Search for Extraterrestrial Intelligence (SETI). Published online by Cambridge University Press: Published online by Cambridge University Press: 17 January 202








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